GIANNI SALAMONE "La mia verticalità"
(2023 )
Certe espressioni artistiche vanno oltre le tradizionali sensazioni che si provano, come se si fosse immersi in insolite sfere immaginifiche. E, quando si avverte che l’espressione in sé incarna elementi sorprendenti, allora cominci a contemplare l’idea che ci troviamo di fronte ad un tessuto geniale e personalissimo.
E' questo che trasmette il nuovo album del cantautore, attore e musicista fiorentino Gianni Salamone, che estende l’ascolto verso scenari al contempo epici ed onirici, come un sofferto percorso per ambire al Karma, all’assaporare nuovamente il piacere di riscoprire odori, sapori e sensazioni nel pieno delle loro potenzialità.
Trattasi di un concept-album di 12 brani, che sfoggia emozioni per un’ora in lungo, in largo, in orizzontale, in profondità e (ovviamente) in “verticale”. I due singoli estratti, “La mia verticalità” e “Sinestesia”, vivono di umori agli antipodi: il primo è fonte di un pop dotto e referenziale, l’altro induce alla riflessione verso la contaminazione dei sensi, sempre protesi al dualismo empirico (ed occhio al videoclip: connotati da belvedere...).
La malinconica “Effetto doppler” sferra effetti Battistiani con ritmìa filo-gitana, mentre nel fascino pop-bossa di “Deja vu” c’è la prova concreta dell’estro luminoso di Gianni, sempre proteso fuori dagli schemi, come è testimoniato dalla fluente “Entropia delle parole”, dall’immaginifica ed accorata “Immaginare universi” o dall’eterea e struggente “Un giorno di febbraio”, forse l’atto più vibratile e suggestivo dell’inventario Salamoniano.
Dopo gli otto minuti della splendida African-ballad “La fine è l’inizio”, che inneggia alla rinascita anche al cospetto della morte, l’epilogo è affidato al crescendo emotivo di “Il lungo sonno”, come se si entrasse in sinergia con la “Biko” di Gabriel-iana memoria.
“La mia verticalità” non è certo album che, al primo impatto, possiamo far nostro interamente, ma la sua comprensione passa attraverso il multi-replay di 12 crocevia uditivi che occorre attenzionare con tendenza alla recettività emotiva, senza la quale si rischia di lasciarsi sfuggire un’opera che insegna (e tanto) ad oltrepassare le barriere dei soliti schemi valutativi, allargando visioni con occhi più consapevoli e coscienti verso nuovi stupori mai prima immaginati. S-Top! E chiudo… (Max Casali)