recensioni dischi
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MAGASIN DU CAFE'  "Shardana"
   (2023 )

A tre anni di distanza da “Samsara”, i piemontesi Magasin Du Café sono tornati con “Shardana”. Il nuovo lavoro riparte da coordinate tutto sommato familiari nella proposta della band, ma sviluppa in maniera ancora più compiuta un sound che accoglie temi progressive e post rock accanto a world music e un’elettronica ipnotica, con riferimenti a profumi e colori orientaleggianti.

Il concept riguarda gli Shardana, uno dei popoli del mare nonché guardie personali di Ramses II, tra i faraoni più importanti della storia. La titletrack è manifesto artistico e concettuale di un viaggio in dieci tracce che esprimono un forte afflato cinematografico, ottenuto anche grazie ai violini e a soluzioni che determinano approdi mai troppo prevedibili.

Stratificazioni misteriose e a tratti orrorifiche (“The Shaman and the Mistral”) introducono il disco e aprono a una cavalcata da colonna sonora (“Son of the Sea”), altrettanto rappresentativa della narrazione intrinseca in un disco che è anche romanzo. Dopo la già citata titletrack, arriva l’ipnotica “The Gate of Pi-Ramses”, che nel suo incedere vorticoso sintetizza molti dei temi forti del disco e diventa uno dei passaggi più brillanti del lotto.

L’anima più danzereccia di “Zimbabwe” è invece un’eccezione, ma è altrettanto a fuoco, con le idee più melodiche di “The Book of Tahuti” a fare capolino poco dopo. “Ashes of Benu” è l’incontro ideale fra post rock, folk e world music, mentre è leggermente più corposa la struttura sonora di “Ancestral Heritage”. Il disco si spegne con “Hyperborea”, con il violino al centro del discorso e l’epicità di una più rarefatta e ambientale “Eternal”.

I Magasin Du Café tornano con un lavoro ispiratissimo, in grado di condensare una notevole quantità di elementi all’interno di un sound che rimane comunque pienamente organico. (Piergiuseppe Lippolis)