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ROMAIN PERROT & QUENTIN ROLLET  "Le vieux fusible / The singles"
   (2023 )

Quando l'elettronica sperimentale incontra il free jazz, si fondono due metodi diversamente anarchici. Così suona il doppio cd “Le vieux fusible/The singles”, di Romain Perrot e Quentin Rollet, uscito per la label reQords. Il primo è noto come “The Harsh Noise Wall Master”, cioè il maestro del muro di rumori duri; il secondo è un sassofonista free che abbiamo già incontrato almeno tre volte in passato, su Music Map, io in questo disco in trio: http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=8564. Tra casinisti dunque, ci si intende!

Ma sarebbe scorretto parlare solo di caos disorganizzato, come nel caso del disco in link nel paragrafo precedente. Qui l'esplorazione giunge anche in lande più morbide, come quella di “Dans quel monde Vuitton?”. Qui, gli strumenti di Perrot creano un fondale oscuro ma ospitale, dove Rollet sembra quasi piangere con lo strumento, comunque delicatamente. E ci sono delle sovraincisioni, sempre di sassofono, che vagano da sinistra a destra nell'audio, assieme al tappeto elettronico.

Se aspettate il noise non temete: “Mecadef” è un dialogo tra ronzii, quello sintetico di Perrot e quello acustico al sax di Rollet, che tra l'altro, per ottenerlo, attua una performance al limite dell'apnea. Tanta forza di diaframma! Ma il muro? Quando arriva il vero “noise wall”? Eccolo negli undici minuti di “Vengance” (nel secondo CD), sopra i quali il sax incide delle tessiture di note lente e statiche, per creare armonie e disarmonie, gradualmente elaborate, fino ad arrivare all'immancabile assolo agitato. La versione corta e brutale di “Vengance” è “Vilence”, che sembra un neologismo per unire “Silence” e “Violence”. Questo brano è proprio molesto!

Tornando al primo CD, “Scotomisation” lo apre e sembra collegarsi bene con la copertina: un panorama realizzato con una CGI che sembra di trent'anni fa. Poligoni geometrici emergono dall'acqua, con sfere sospese a mezz'aria. Fa molto 1993. E il brano in questione avvolge, in impulsi più contemporanei, un riff melodico ossessivo di un suono di tastiera parecchio stagionato, una specie di “string” di quelli dei telefilm dell'orrore per ragazzi.

Si tratta di un caso isolato. Per il resto, non sembra esserci traccia di quella nostalgia vapor. Però la sensazione metafisica è intatta, tramite il sound, come nei ruggiti triangolari di “Le soupeur des litères”, sopra i quali dei suoni rilassanti (contraddicendo il mood del contesto), accompagnano una voce che canta delle note, come fosse perso in mezzo a questo panorama misterioso.

E così via, si continua tra oscillatori, arpeggiatori, rumori e segnali tanto affascinanti quanto inquietanti, come quelli de “Le vieux fusible” e “Uxoriousness”. Iniziando il secondo CD, si avvia la drum machine in “Lightning Pylon Dislocation”, rivelando un ambiente industrial che si fa spaventoso in “Rbrain”, con una voce distorta e nascosta nell'ambientazione rumorosa. La voce sembra quasi un lamento da tortura. La paura continua ne “La Troisième”, dove, nella tempesta elettronica, si sente un assolo che sembra di chitarra elettrica, dal timbro. Invece è il sassofono di Quentin Rollet, pesantemente elaborato. Ogni tanto si sgama, ma non sempre.

E dal vivo, come saranno? “Tranchée” ci leva anche questa curiosità, essendo una performance live di 23 minuti, che chiude il secondo CD. Accanto a tastiere, synth e sax, c'è anche una chitarra acustica, suonata con foga, cercando le dissonanze (o forse è volutamente scordata), e una voce sopra emette urla disperate, come quelle di un giapponese isterico. Perché dico giapponese non lo so, forse perché di solito è nel Sol Levante che incontro esperienze così estreme e surreali.

Ecco quindi come suonano due anarchici radicali! (Gilberto Ongaro)