MANGO "Sirtaki"
(1990 )
Il soggetto divideva. Benchè poi, personalmente, sia stato uno di quei pochi che in 30 anni, forse, non salì mai alle cronache per nulla che non fosse strettamente legato alla musica. Poca TV, poco gossip, qualche Sanremo (peraltro quasi sempre con repertorio minore rispetto a quello che avrebbe poi offerto, ad esempio, al Festivalbar). Però divideva, e chi non lo amava non lo sopportava. Questo praticamente da sempre: Mango era fatto così, nella sua voce e in un suo stile che faceva della continuità il suo pregio ma forse, anche, il suo principale difetto. “Sirtaki”, però, per una volta rischiò di mettere d’accordo tutti. Forse l’opera migliore, quella in cui la collaborazione con Mogol portò ad un livello in cui i manghiani poterono esaltarsi, e i non manghiani trovare comunque qualcosa per cui soffermarsi un attimo. Solare ma non banale, elettronico ma non sintetico, trovò buone fortune commerciali malgrado – come detto – una partecipazione sanremese non esaltante con “Tu… sì” riscattandosi poi – come ridetto – con “Come Monna Lisa” e “Nella mia città”, dando refrigerio in una estate di notti magiche e occhi ''schillacici'' a palla. Delicato senza assopire, trova l’equazione giusta tra ritmica e leggerezza, perdonando per una volta quegli autocompiacimenti poetici un po’ troppo zuccherosi, tra giochi del vento sul lago salato o ciliegie rosse rosse e palummelle che volano alte. E forse, è il disco di Mango che profuma maggiormente di mare: ascoltarlo dà davvero l’idea di aprire una finestra che affaccia direttamente sullo Ionio. Accorgendosi che, accanto, sulla parete, c’è un glicine in fiore. Che, ovviamente, “sale sale sale su”. (Enrico Faggiano)