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11/03/2025
09/03/2025 SAN MARINO SONG CONTEST
Le impressioni del nostro inviato ''Sua Acidità'' Enrico Faggiano
E alla fine Gabry Ponte fu, per San Marino che al termine della serata finale del proprio contest manda all’Eurovision il brano semplicemente più quotato di tutti gli altri. Poi si aprirà subito il dibattito di quanto sia logico che un “Tutta l’Italia” vada a rappresentare uno Stato che l’Italia non è, ma è anche vero che l’ESC è poi un divertente calderone dove tutto è possibile, e quindi va bene così.
C’era curiosità, per quanto si sarebbe visto al Teatro Dogana, dopo l’allucinante finale del 2024. Quando, cioè, l’Italia e l’Europa intera si piegarono dalle risate per uno spettacolo che alzò e non di poco l’asticella del trash: al Titano qualcosa lo hanno capito, e nel 2025 le cose sono andate talmente lisce da sembrare quasi noiose. Nessun presentatore disperato perché non sapeva che fare, nessun ospite lasciato sul palco senza indicazioni, nessuna premiazione saltata perché i premiati erano già altrove, pochi tempi morti e durata cassata di più di un’ora.
Quindi, a parte la solita apparizione di Al Bano (probabilmente rimasto lì, addormentato, dalla edizione precedente) e una imbarazzante letterina del Facchinetti alla figlia, il resto è stato quasi normale. Con le aggiunte di Senhit – la cui “Adrenalina” è ormai l’inno nazionale sanmarinese, poche storie – e, ospiti, La Rappresentante di Lista, che hanno allungato ma non di tanto il brodo.
Poi, ovviamente, la gara. Molto più vicina ai canoni musicali dell’ESC di quanto non lo sia Sanremo – d’altronde questo è un format creato apposta per l’occasione, a differenza del nostro Festivàl – e con cose anche interessanti: si è sentito del rock, poco autotune, ed e chiaro che siamo a livello del prendere il generico anziché l’originale, ma nessuno ha sentito la necessità di tirare pomodori o telecomandi verso i Tony Effe della situazione.
Si sono rivisti antichi reperti: l’afona Luisa Corna, una Bianca Atzei ormai ridotta a fare il cosplayer di Elodie, una Silvia Salemi anonima nel suo cercare di non esserlo, un Marco Carta con un brano che potrebbe essere un discreto lato B dei Kolors, un sorprendente Boosta con uno strumentale accordare un pianoforte sul palco. E poi, secondi ma davvero meritevoli in un mare di cose a volte comunque trash (la versione FILF, se esistesse ‘sto termine, dei Backstreet Boys, ovvero gli svedesi CuRLi), i trentini The Rumpled. Magari troppo scia Maneskin, ma appunto secondi con merito.
Poi, chiaro, vince Gabry Ponte: le comunità ESC del continente festeggiano un brano che rischia di diventare uno dei favoriti addirittura per la vittoria finale, e solo chi non conosce le dinamiche dell’Eurofestival storce il naso, così come lo fanno tanti a San Marino. Che lamentano il verdetto troppo banale e la poca congruenza di farsi rappresentare da uno che canta, appunto, “Tutta l’Italia”. Ledendo quindi l’orgoglio nazionale.
Si dovrà trovare una quadra, però: scorso anno le polemiche furono per l’aver forzato la non vittoria della Bertè (sabotata da un singolo rappresentante della giuria), quest’anno perché ha vinto il predestinato. Ma finché il contest permette inserimenti dell’ultimora, anche di personaggi già famosi e con brani, soprattutto, già ben rodati, ci sta che si parta con un vincitore (quasi) designato.
E dopo aver orgogliosamente portato avanti le scelte non convenzionali degli anonimi Piqued Jacks nel 2023 e dei Megara nel 2024, ovvero proposte che avevano come unico scopo il non arrivare ultimi nelle proprie semifinali, se stavolta San Marino andrà con una cosa che molti in Italia avrebbero voluto al posto di Olly, prima della sua rinuncia, allora si potrebbe davvero fare il botto. Quando poi ci sarà il derby tra l’espresso macchiato estone e Gabry Ponte, ci sarà da divertirsi. (Enrico Faggiano)