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12/05/2024   EUROVISION 2024 - IL NOSTRO COMMENTO (SEMISERIO)
  Il contest secondo ''Sua Acidità'' Enrico Faggiano

Alla fine l’ESC 2024 lo vince la Svizzera, e forse è stato un modo, al di là della questione musicale, per restare neutri in una edizione dove la neutralità è stata fortemente messa in discussione, con contestazioni, polemiche, ritiri, squalifiche: pareva di essere a Sanremo, per essere chiari, e non in un loco dove di solito è tutto peace and love.

Ovviamente, la questione Israele ha tenuto banco: le pressioni per l’esclusione, le contestazioni, varie delegazioni che hanno palesato insofferenza, i fischi ad ogni apparizione della (incolpevole) cantante e quelli ad ogni voto che risultava finire da quelle parti. E dire che la platea di Malmoe ha visto solo quelli delle giurie, oltretutto nemmeno tanti: il televoto, infatti, è stato quello che ha permesso a Israele un grosso passo in avanti nella classifica finale, e se questo è un segnale politico, questo non è il posto dove parlarne. Però c’è stato, punto.

Poi, la squalifica del cantante olandese, per un diverbio – forte, ma non pazzesco – con una operatrice dello staff organizzativo: se non è una primizia poco ci manca, ma qualcuno ha fatto giustamente notare che già il soggetto era stato attenzionato per sue espressioni verso l’argomento di cui sopra. E, anche qui, la platea non lo ha dimenticato. Insomma, poteva andare davvero meglio.

E quindi ecco la vittoria della Svizzera, quasi a voler emettere un verdetto di non belligeranza (anche l’Ucraina è stata ipervotata dal televoto. Ma, a differenza di Israele, il feeling tra ucraini ed eurovisionari è sempre stato alto e costante a prescindere dalle cronache) e rimandare tutto al 2025, sapendo che certe crepe saranno difficili da ricomporre. Nemo, questo il nome del vincitore, porta il classico pop sull’autocoscienza che tanto funziona a queste latitudini, battendo in volata un croato dal nome meraviglioso (Baby Lasagna) che è, di fatto, il cosplayer dei Rammstein. Poi, al settimo posto, Angelina Mango.

Eccola, Angelina. Settima, come detto, a dimostrazione di un costante apprezzamento per l’Italia – tra le big five è quella che non ha mai avuto dei veri e propri flop, dato che anche quest’anno, ad esempio, Spagna e UK sono state semi ignorate – che vuol dire magari non vincere, ma avere sempre considerazione.

“La noia” si distingueva, per qualità, da altre esibizioni di giovani fanciulle non sempre vestite e, all’occhio e all’orecchio internazionale, facilmente confondibili, e questo ha permesso ad Angelina di restare alta nelle classifiche e non finire nel dimenticatoio. Ma le è mancato quel quid, quel gancio, che poteva permetterle di restare davvero in memoria: tanti l’hanno votata, ma nessuno le ha dato un 12, né tra le giurie né tra il televoto. Però non può uscirne delusa, così come la delegazione italiana, che ha dato all’Europa l’ennesimo messaggio di garanzia del prodotto.

Una parola per San Marino: nuovamente eliminata in semifinale, dal Titano lamentano complotti contro i piccoli stati e minacce di defezioni. Forse, sarebbe il caso di trovare proposte che siano maggiormente identitarie e meno casuali, qualcosa che sia rappresentativo: evidentemente, negli ultimi anni si è sbagliato troppo.

Alla fine, ad ogni modo, una settimana di meraviglioso spettacolo televisivo, di trash quanto basta (citofonare Finlandia, Estonia, Olanda finchè ha potuto: è questo l’ESC che vogliamo!) e di rapidità nella produzione che dovrebbe essere di insegnamento al nostro Sanremo, dove però l’obbligo di affidarsi a marchette e infiniti brodi ha la meglio sulla proposta musicale. Ma che l’ESC voglia diventare, come Sanremo, anche un coacervo di polemiche, ecco, questo sarebbe da evitare. (Enrico Faggiano)