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20/02/2022   ACHILLE LAURO
  Parteciperà all'Eurofestival rappresentando San Marino. Com'è possibile?

Che San Marino mandi dei suoi rappresentanti all’Eurofestival avviene, quasi ininterrottamente, dal 2008. E che quest’anno per decidere l’artista ci sarebbe stata una selezione con serata finale il 19 febbraio, lo si sapeva da un bel po’: tutto nel rigoroso e forse relativo disinteresse del grande pubblico, a parte forse la comunità ESC che di queste cose è appassionata. Quindi, diciamo fino al giorno dopo il Festival di Sanremo, la cosa era di dominio pubblico ma con un freguntubo collettivo. E biglietti per il Teatro Dogana più o meno tirati dietro agli interessati feticisti. Poi, ecco l’elenco dei partecipanti: personaggi semisconosciuti, outsider dei talent, italiani e non, più due o tre vecchie glorie nostrane: Ivana Spagna (quella Ivana Spagna!), Alberto Fortis e Tony Cicco, Valerio Scanu (quel Valerio Scanu!). E Achille Lauro.

Stop.

Achille Lauro?

Quell’Achille Lauro?

Certo. Che prima ancora di chiudere con Sanremo si era iscritto anche a questa competizione, che dopo è diventata l’uovo di Colombo. Poteva farlo? Certo. E gli altri? Pure. Ma nessuno ci aveva pensato. Perché l’Eurofestival non ha mai avuto vincoli di nazionalità (d’altronde San Marino di recente ha portato i quasi omonimi Serhat, cantante turco, e Senhit, cantante bolognese), e a questo punto perché non provarci, specie in questi tempi in cui l’ESC, anche in Italia, è diventato un fenomeno di massa? Bravo lui, perché ad esempio Tananai a fine Sanremo ci aveva anche scherzato, sul candidarsi per San Marino. Ma La Rappresentante di Lista ci hanno anche provato, sul serio, trovando le porte chiuse: termini di iscrizione scaduti, ciao ciao.

Di colpo, quindi, la serata “Una voce per San Marino” diventa argomento molto interessante. Chiamalo escamotage, chiamala wild card, ma di fatto è una nuova chance per tutti, di arrivare all’Eurovisione. Sia chiaro: qui chiunque può provarci per qualsiasi nazione (per intenderci, Gianni Morandi potrebbe candidarsi per l’Irlanda, o Lady Gaga per la Grecia. D’altronde, nel 1988, non vinse Celine Dion per la Svizzera?). E bravo Achille, quindi, a pensarci prima. I biglietti diventano introvabili, e le giurie stesse vengono, diciamo, rafforzate, con la presenza di Mogol. E a San Marino si fregano le mani, sorpresi di aver scovato una potenziale futura gallina dalle uova d’oro.

La serata finale diventa un argomento di tendenza, come si suol dire, ed è chiaro che la cosa è serissima. Per le file della platea passano rappresentanti del fans club di Spagna a chiederle sostegno (non voti: quelli possono darli solo le giurie) perché si merita una occasione. O quelli di Achille Lauro, più agguerriti – meglio, più organizzati – che chiedono di alzarsi in piedi al secondo ritornello. Promettendo magari in cambio una foto con l’Achillone. Intanto, dopo collegamenti su Rai Uno nel pomeriggio, tanti italiani scoprono sul telecomando la combinazione 8-3-1, ovvero la TV di stato sanmarinese che propone la diretta. Vedendo poi, il giorno dopo, che “Amici” ha ottenuto il minimo share stagionale: l’auditel non sconfina fino al Titano, ma è chiaro che qualcosa è successo.

I cantanti sono il classico gruppone eurofestivaliero: voci un po’ troppo pacchiane, fanciulle che si svestono al primo ritornello, mentre Spagna (“Seriously in love”) ripropone lo stesso abito da domatrice di leoni dei bei tempi e Achille Lauro (“Stripper”) ripropone il tivedo-nontivedo dei gioielli di famiglia che, per intendere, un mezzo secolo fa a Miami fece le sfortune di Jim Morrison. Poi arriva il tedesco Basti (“Running”), e cercate una foto di come era vestito perché, al confronto, Achillone passa per un giovin catechista. Principalmente dance anni ’90, interrotta dalla ottima “Sono un uomo” dei romani Deshedus assieme a Fortis e Cicco, e dalla preghiera “Io credo”, di Scanu, che è talmente banale da non poter entrare nemmeno nel repertorio di un possibile redivivo Cionfoli.

A presentare sono la gloria “locale” (in realtà come detto bolognese) Senhit e Jon Kashanian, con Al Bano a fare da super ospite: si ricorda la famosa questione del plagio con Michael Jackson, magari omettendo come siano poi andate le cose per davvero, ma una “Felicità” non la si nega a nessuno. Come quella di chi riesce a farsi un selfie con Peppe Vessicchio, in platea. Un mini ESC, spettacolo forse un po’ grossolano ma gradevole, qualche frecciata a Sanremo, e poi la scrematura fino a tre candidati per il posto.

Resta perplesso l’inglese Aaron Sibley, che viene chiamato per terzo credendo, per un attimo, di essere invece il prescelto. Un saluto e grazie, mentre rimangono il deejay Burak Yeter con il vocalist Alessandro da un lato (“More than you”, bignamino della canzone eurofestivaliera per eccellenza) e Achille Lauro e il suo gruppo – un po’ troppo in modalità vediamo come si sono vestiti i Maneskin e facciamo simile – dall’altro. Vince Achille Lauro, qualcuno dello staff dei secondi brontola per un esito forse troppo scontato, e applausi per il vincitore.

A San Marino hanno davvero scoperto un format che potrebbe fare fortuna negli anni a venire, magari aggiustando un po’ la resa e cercando di renderlo un po’ meno artigianale, perché tra una cosa e l’altra “Una voce per San Marino”, in chiave europea, vale esattamente come Sanremo, a parte il solo fatto che chi partecipa per l’Italia è direttamente in finale e chi per la Repubblica invece dovrà passare dalle forche caudine della semifinale (ah, quel giorno gli italiani non potranno votare per il rappresentante del Titano. Semplice sorteggio di chi vota in che giornata, come da sempre si fa). Sta a loro capire se diventare uno sfiatatoio per trombati – come detraggono i detrattori – o davvero alternativa con tutti i crismi per diventare un Euroevento. Achille gongola, gli altri rosicano perché non ci hanno pensato prima, e magari qualcuno sta già mandando la propria iscrizione all’edizione del 2023. Dove, forse, i biglietti di ingresso per il pubblico non costeranno solo 10 euro. (Enrico Faggiano)