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01/01/2021   LA TOP 25 DEL 2020!
  I migliori album dell'anno appena trascorso, secondo il nostro ''super redattore'' Manuel Maverna

Carissimi, bentrovati.

Sarà scontato, ma doverosamente mi associo da subito al vostro cordoglio nel caso questo annus horribilis in decade malefica, oltre ad avervi rivoluzionato un po’ la vita, e non certo con la verve che avreste – avremmo tutti – desiderato, vi avesse sottratto persone care, gente che avete amato e continuerete ad amare in questi giorni grigi e lunghi che sembrano non finire mai.

Ma diceva Renatone che il carrozzone va avanti da sé, è tempo di classifiche e vorrei tirarvi su il morale con una storiella, che potrebbe cominciare così: ci sono un peruviano, un israeliano e un austriaco...

Pare davvero l’intro di una classica barzelletta, ma virata in nuovo, ché bisogna stare al passo coi tempi.

Come anno è stato uno schifo, si sa, non occorre tornare sull’argomento: per fortuna in tutto questo bailamme, mentre il mondo di arte&spettacolo agonizza in un limbo da incubo (dimenticatoio, purgatorio, fate vobis...) in attesa di essere riammesso in classe dopo la quarantena, la buona novella è che anche se ce n’è eccome di coviddi, almeno c’è pure musica, e parecchia. Non importa se in digitale o in vinile: ciò che conta è che si sia continuato a scriverne, nonostante l’impossibilità di portarla in giro.

Il mio più serio candidato a disco-dell’anno, insieme a quello – datato 3 febbraio - che troverete sul trono nella classifica qui sotto, è uscito a marzo. Cioè: doveva uscire. Un discone memorabile: poteva essere il disco-dell’-anno con nove mesi di anticipo, o almeno se la sarebbe giocata fino all’ultimo.

Poi: boom, lockdown.

Risultato: la band (un trio di Chicago) titolare dell’album ne ha bloccato la pubblicazione (tuttora non sbloccata), rinviandola a data da definirsi. Io il disco ce l’ho lì, in formato mp3: salvo imprevisti, sarà il disco-dell’-anno 2021, sono già a posto, una fatica in meno, sappiatelo.

Intanto che guardate la classifica, ve ne racconto un’altra di storiella: allora, ci sono un tedesco, una svizzera e un belga...

Non è uno scherzo: nella Top25 li trovate realmente, altro che barzelletta.

Mai visto un anno così: nel mio eremo in smart-working (non rientro in ufficio dal 21 di febbraio, per la cronaca) ho potuto scoprire ed apprezzare artisti provenienti davvero da mezzo mondo, ivi compresi Paesi che non avevo mai neppure considerato da un punto di vista dell’interesse musicale e che invece hanno riservato graditissime sorprese.

Per inciso, detto tra noi, di una cosa sono convinto oramai da parecchio: Belgio e Polonia spaccano, altro che.

Mai visto un anno così.

Del resto, potrebbe andare peggio: potrebbe piovere per sempre.

Statemi benone, alla prossima.

Manuel


1. THE SOMNAMBULIST - "Hypermnesiac"
Confonde, affabula, irretisce. Vaga solo apparentemente svagato, ma consapevole di sé. Si infila in un dedalo di soluzioni senza soluzione, torna al punto di partenza senza mai essere partito. Butta tutto all'aria e ricomincia il canto. Muta scenari, cambia personaggi. Fustiga, bacchetta, riflette. Parla alle masse, che come al solito ascoltano solo ciò che vogliono. Poi guarda altrove, chiede impegno, domanda attenzione. Quella dei fedeli, adepti del culto. Amen.
(brano migliore: ''Film'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

2. NERO KANE - "Tales of faith and lunacy"
Signore & signora delle tenebre, Nero Kane e Samantha Stella stretti l'un l'altro in penombra elevano al cielo il loro carme funesto. Che sa di polvere e demoni, mentre ancestrale flirta col crepuscolo ed intona sepolcrali invocazioni ad una luna già scomparsa o mai spuntata dal monte. Nel nero dipinto di nero, felici di stare laggiù: Ade & Persefone della padanìa, tra notte e nebbia al ritmo di un requiem. In Italia, meravigliosamente unici.
(brano migliore: ''Lord won't come'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

3. STARAYA DEREVNYA - "Inwards opened the floor"
Nel linguaggio universale degli apolidi, una nutrita banda di assortita provenienza con base in Israele e teste ovunque imbastisce un pastiche impossibile cantando (cantando?) in russo poesie di Arthur Molev, massacrando e ricomponendo in una sceneggiatura ubriacante schegge impazzite di arte informale. Quarantasei minuti di estasi senza confini, senza limiti, senza regole.
(brano migliore: ''Inwards opened the floor'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

4. HOUDINI RIGHINI - "Lascaux"
Ma sì, diamoci un taglio con gli ammiccamenti al pop e le buone intenzioni. Fottiamocene altamente, stavolta. Detto fatto: l'ex-ragazzo riminese scava la fossa al Righini che fu e rinasce spinoso, incupito, perfino vagamente malevolo. Butta lì con nonchalance un disco che spazza via conformismo e bontà d'animo, nel nome di un'arte primitiva e sporca, eppure elegante nel suo battito feroce.
(brano migliore: ''Polvere'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

5. PRINCESS THAILAND - "And we shine"
Il nero va su tutto, almeno in musica e nella moda. Aniela Bastide & soci scolpiscono una tetra sinfonia che declina il post-punk come ai bei vecchi tempi. Anni ottanta e mai niente di più, nel cuore e nell'anima, ma attualizzati da sonorità che riportano tutto a casa, nutrendo di cotanta speme le nuove leve. Non sia mai che l'oblìo prenda il sopravvento e ci si scordi di Siouxsie o di Robbo.
(brano migliore: ''In this room'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

6. UGO FAGIOLI - "Respira"
Già il concept di per sé varrebbe ammirazione. Plotting, artwork, lavoro visuale-concettuale, progetto filmico su cui l'album si regge. In apparenza. E - quasi fosse un accessorio - non stiamo ancora parlando del disco. Che è - soprendentemente? - pregevole. E che funziona al meglio anche svincolato dalle immagini che lo accompagnano. Prendetevi una quarantina di minuti, mettetevi comodi, godetevi lo spettacolo.
(brano migliore: ''Rivoluzionari, ma con calma'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

7. EMILIE ZOE' & CHRISTIAN GARCIA-GAUCHER - "Pigeons – Soundtrack for the birds on the treetops watching the movie of our lives"
Triste come un funerale, ma intenso come la più vivida delle emozioni. Operazione colta e sofisticata, sonorizza una pellicola durante un festival e si trasforma in un album di foto in bianco e nero. Istantanee fatte di ricordi, immagini catturate nell'attimo, un fluire mesto e sfuggente come il film cui dà voce. Canto a due voci intriso di una malinconia che tutto avvolge, a passo lento.
(brano migliore: ''The painter'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

8. UBBA BOND - "Mangiasabbia"
Ubaldi & Bondi cantano storie improbabili, scompongono un puzzle da mille e lo riassemblano coi pezzi fuori posto. La sorpresa è che il gioco regge, e il puzzle piace così com'è. Dentro il variopinto baraccone, un diorama in movimento: cantautorato a sé, fatto di musica storta, vicende sbilenche, personaggi ambivalenti come in un film di Wes Anderson, dove i buoni non sono buoni davvero.
(brano migliore: ''Piove il mondo'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

9. ENDZUSTAND - "Werk des krieges"
Viaggio all'inferno e ritorno in nero. Ex-militare e revenant, Ralf Rönckendorf vive nel buio da un brutto giorno di dieci anni fa. Vive con la sua musica, che lo fa andare avanti oltre il rumore della guerra e l'odore di morte, di esplosivo, di fine imminente. E' qui a raccontarlo, con un martirio di EBM arida e martellante. Marziale e distruttivo: come tutto ciò da cui cerca di fuggire, senza poter dimenticare.
(brano migliore: ''Hass'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

10. OTTODIX - "Entanglement"
Impervio come il Mortirolo: intellighenzia mascherata da pop indocile, trattato di scienza, etica, filosofia affatto spiccia. Gioca con tracce sparse di elettronica, suggestioni di arte visuale che mescolano cultura e impegno, semina indizi che portano in mille direzioni, non necessariamente alla soluzione che ti aspetteresti. Rebus contorto, fucina di spunti, riflessioni, soddisfazioni.
(brano migliore: ''Pacific trash vortex'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

11. CALTIKI - "Amazzoni"
Per nulla serio e abbondantemente faceto: inesauribile fonte di amenità dispensate con gusto, brillantezza, stile e perfino raffinatezza. A divertire gli astanti pensa un pungente trio romano, che con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così e con quello humour di chi ha visto l'Urbe tratteggiano bozzetti irresistibili, autentico prodigio di comicità composta, intelligente, mai volgare.
(brano migliore: ''Francesca'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

12. LIQUIDARLO CELULOIDE - "Anamnesis"
Non solo cumbia e merengue all'altro capo del mondo: quattro sbandati di Lima, Perù, gente all'undicesimo album - mica pischelli - si fanno produrre da Jaz Coleman - mica un carneade - per sei lunghe tracce di furia elettrica mescolata a reggae, dub, schegge latin - ci mancherebbe - e un continuo, frenetico, incessante movimento.
(brano migliore: ''Asfixia'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

13. MARRANO - "Perdere"
Cattivelli, i ragazzi, e meno male. Venghino pure lor signori al cospetto di un po' di sano nichilismo come ai bei vecchi tempi. Nel teatrino scricchiolante di questo trio riminese c'è ben poco da stare allegri: mentre trascorre la vita c'è chi ti prende a bastonate, è bene ricordarlo. Rabbioso, storto, malsano: gran disco, di quelli che non si usan più.
(brano migliore: ''Blue whale'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

14. ADULKT LIFE - "Book of curses"
Venticinque minuti di assalto alla baionetta, senza tregua, senza orizzonti. Un bidone aspiratutto in cui finisce tutto quello che Chris Rowley e i suoi accoliti hanno trovato in soffitta. Tanto per cambiare, le solite cose, tipo: decenni di garage rock, punk, post-punk, chitarre balorde e ritmi zoppi cacciati a forza in un fragore ribollente, trucido e sincero.
(brano migliore: ''Taking hits'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

15. HIROSHI. - "Anything"
Che sia shoegaze, dream-pop o cos'altro, poco importa: un tuffo al cuore e uno nel passato bastano a fare di questi quattro ragazzi una perla rara. Elogio del bello, intriso di passione e devozione, ma soprattutto di serenità. Ecco: questo è un disco tranquillo. Chiede solo di essere goduto con la giusta disposizione d'animo: poi fa tutto lui.
(brano migliore: ''Days'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

16. BELL MONKS - "The sun will find you"
Con passo svenevole e catatonico, Harriott & Sheffield mettono tutti a nanna sotto il manto morbido di una coltre di ricordi. Al crocevia tra post-rock e alt-folk - qualcosa tra Slint e Richmond Fontaine - nasce la musica diafana e confidenziale che dà forma ad un album di memorie a tinte tenui. Un acquerello di impalpabile delicatezza, miraggio che potrebbe svanire alle prime luci dell'alba.
(brano migliore: ''I wait for nothing'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

17. IL SISTEMA DI MEL - "Addosso"
Emocore, ma fatto bene, che non si sa mai. Prevedibile come la prossima uscita della Juve dalla Champions tra marzo e aprile, ma sontuoso nel mettere in cascina ciò di cui si ha sempre un po' bisogno. Pensieri tristi in fila indiana, le chitarre così, il canto così, i testi così. E poi perdersi di nuovo in quello stesso identico vicolo senza uscita: lo sapevi che c'era un muro lì, e ci sei andato. Ma forza Juve, no?
(brano migliore: ''Versatile'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

18. PARTINICO ROSE - "Songs for sad and angry people"
Post-punk made in Sicily, Ragusa come propaggine d'Albione. Accordi secchi e tesi, bassi pulsanti, ritmo squadrato, canto profondo: dieci canzoni buie e tristi declinate in forme semplici. Efficaci nel ripercorrere con fedeltà alla linea antichi splendori mai tramontati, ancora in agguato nelle tenebre.
(brano migliore: ''Misanthropy'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

19. THE K. - "Amputate corporate art"
Tre giovani virgulti di Liegi - Belgio - maltrattano quel che resta del rock, spolpandolo fino all'osso con cieca veemenza, così per il gusto di farlo. In un brutto mondo di spigoli, il tizio al microfono grida come un invasato mentre i due sodali fanno a brandelli ogni timido accenno di melodia, spezzando senza piegare. Roba vecchia. La migliore, quindi.
(brano migliore: ''Shit day'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

20. THE BUSTERMOON - "Mareena roots"
Tornerà pure un'altra estate normale, nella quale potersi concedere il lusso di trascorrere una serata in spiaggia mentre su un palco fronte-mare si esibiscono i Bustermoon, con la loro overdose di pulita, fragorosa allegria. Contagiosa, ma nel senso ammesso e concesso dal protocollo. Quando si potrà ancora far casino come ai bei vecchi tempi andati, ricordatevi di loro.
(brano migliore: ''Happy tune'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

21. DESERTA - "Black aura my sun"
Sempre sia lodato Matthew Doty per la voglia e l'intenzione - basterebbero quelle - di conservare in vita rimembranze di musica che fu. E che sempre meno, ahinoi, torna ad allietare chi ne vide i fasti tra la fine degli Ottanta e la metà dei Novanta. Apologia di passata grandeur, My Bloody Valentine e Cocteau Twins mano nella mano, al calar del sole, in una nube purpurea.
(brano migliore: ''Monica'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

22. FRANCESCO SACCO - "La voce umana"
Gran bel cantautore, disallineato quanto basta a ridefinirne la classificazione semplicistica e la comoda inclusione nel novero dei parolai introversi ed intimisti. Depista, confonde, ammalia: lo fa con un linguaggio insolito, condensato in canzoni che indicano la strada e poi immancabilmente deviano altrove, verso una desolazione in cui è piacevole crogiolarsi.
(brano migliore: ''Berlino est'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

23. CONVERTIBLE - "Holst gate II"
Ovvero: un non-luogo di pura psichedelia in senso lato. Un fine intelletto austriaco che di mestiere fa principalmente lo scrittore si inventa un alter ego nel quale si immedesima al punto di scrivere canzoni dal suo punto di vista. Cioè: dal punto di vista dell'alter ego. Con il suo world apart e le sue storie, che sembrano vere. Come in un trucco di illusionismo, con specchi deformanti, trompe-l'-oeil, eccetera.
(brano migliore: ''Everything and everything'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

24. FRANCESCO ZIELLO - "Nine hundred fifty seven"
Stati di allucinazione e mai niente di più. Incubo muto che racconta col solo ausilio di una musica falsamente accomodante il lato più oscuro di Jeffrey Dahmer, tra i più efferati criminali mai esistiti. Lo fa in punta di piedi, con gentilezza perfino: ed è ciò che più atterrisce. Suona quasi confidenziale, proprio come appariva Dahmer alle sue vittime designate, prima di trasformarsi in belva assassina.
(brano migliore: ''Early red reflections'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

25. MASTICE - "Crepa"
Da uno dei molti possibili abissi celati alla vista, Tosi & Silvestrini intonano un martoriato canto zuppo di furiosa negatività prêt-à-porter. Rumore intellettuale, del tipo che fa più male: la violenza che suggerisce arriva amplificata. Ha un cuore di tenebra, buio fin dalla copertina. L'anima l'ha forse già venduta, sapete a chi.
(brano migliore: ''L'abbandono'')
(recensione su Music Map: ''qui'')