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news - rassegna stampa

14/06/2020   FRANCESCO GUCCINI
  Compie 80 anni: buon compleanno all'ultimo dei grandi cantautori

Compie 80 anni Francesco Guccini, ultimo capostipite dei cantautori italiani, anarchico e libertario come lo era De André, autore di pezzi che hanno scritto la storia della musica italiana. Al fare apparentemente distaccato e fancazzista, Guccini ha contrapposto un modello quasi stacanovistico di produzione artistica. Ha scritto oltre 160 canzoni, ha pubblicato 23 libri e recitato in 15 film, tra i quali, “Radiofreccia” di Ligabue. Per i suoi 80 anni, il giornalista e scrittore Federico Pistone ha pensato di fargli un regalo… antologico. Ha scritto il libro “Tutto Francesco Guccini – Il racconto di 161 canzoni”, un’analisi quasi certosina delle parole dell’artista, alla ricerca della filosofia dell’uomo e dell’autore, dei messaggi, della sua vena anarcoide. Prendiamo ad esempio “La locomotiva”, vero e proprio inno di chiusura dei concerti di Francesco, con quello slogan che ha fatto epoca: “trionfi la giustizia proletaria”. Un atto di fede alla dottrina del comunismo? "Macché", ha affermato di recente il cantautore al Corriere. "Quel pezzo è una suggestione letteraria non politica. E poi io non sono comunista, non lo sono mai stato. Sono sempre stato socialista. Comunista era Claudio Lolli. Non io". Così quella generazione vissuta nell’ebrezza dell’affermazione del PCI di Enrico Berlinguer che nel 1976 arrivò a 12milioni e 600mila voti, oggi si prende questa bella scornata. Quasi a voler dire, parafrasando Totò: nostalgici della vecchia sinistra… ma fatemi il piacere… Per i cultori della grande musica, Guccini non è mai stato un esempio di solista virtuoso. Pur facendosi accompagnare da strumentisti di assoluto valore come Biondini, Tavolazzi, Bandini e Tempera, non ha mai sentito ad esempio il desiderio di abbinare le proprie opere al talento e all’energia di gruppi famosi come fece De André con la PFM. Eppure più di ogni altro suo collega sa esaltare la musicalità della parola. Si legge su “Il fatto quotidiano”: "Guccini masticatore di lessico, formidabile conoscitore della lingua italiana e delle sonorità blues dei dialetti emiliani. Lo ricordiamo in una puntata de “Il laureato di Chiambretti”, mentre improvvisa strofe in un gramelot tosco-emiliano, mentre si cimenta a imitare la chitarra di Muddy Waters". Da tempo si è ritirato dalle scene della musica. Qualche intervista radiofonica, sparute apparizioni straordinarie in tv come in occasione del concerto allo Stadio Dall’Ara, a favore dei terremotati dell’Emilia. Accanto a lui la vecchia amica di sempre Caterina Caselli cui Francesco deve gli inizi di carriera. E Beppe Carletti, anima dei Nomadi, al pianoforte a rifare “Per fare un uomo”. Ciò che disarma nello stile dell’artista emiliano è la semplicità delle sue formule espressive. “Auschwitz”, ad esempio, sembra una canzone concepita ieri. Scrive Pistone nel suo libro: "La Shoah entra nella musica leggera... così molti giovani di quegli anni spalancano gli occhi sugli orrori dell'Olocausto più per la canzone di Guccini che per le letture atroci e obbligatorie dei testi scolastici". Così sembra anche per “L’avvelenata” che lo stesso Guccini smonta con il piglio di chi sa fare autocritica e stupire oggi come un tempo: "La detesto. E mi chiedo sempre perché abbia avuto così tanto successo". Infine, che dire di “Dio è morto”? "Un inno pop evangelico, un invito forte a darsi da fare per togliere i peccati dal mondo: alcol, droga, i finti miti della fede e della patria, i politici corrotti, i lager e il razzismo…". Più attuale di così… (Rtl.it)