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news - rassegna stampa

01/01/2019   LA TOP 20 DEL 2018!
  I migliori album dell'anno appena trascorso, secondo il nostro ''super redattore'' Manuel Maverna

Carissimi, ben ritrovati, se mi leggete significa che siamo ancora tutti vivi, sono soddisfazioni.

Si torna sempre, prima o poi, sul luogo del delitto: ci riflettevo quest’anno più che mai mentre compilavo la Top20 per Music Map. Per quanto aperti possiamo mostrarci ad assorbire come spugne mode e tendenze, per quanta sia la nostra disponibilità a concedere a sonorità ed evoluzioni contemporanee di insinuarsi tra le maglie più o meno strette delle nostre inveterate passioni, queste torneranno sempre a galla.

Per me è andata proprio così, se è vero che dopo le prime sbornie di heavy metal intorno ai dodici anni (l’età che ha oggi mia figlia, ubriaca di One Direction e R5) sono arrivate le infatuazioni durature, quelle mai sopite: Bob Dylan prima e i Cure poi, un’accoppiata che fa sorridere ma che mi ha segnato fin qui, indicando due filoni incompatibili, due anime, un bivio di palese evidenza, forse una doppia personalità, poco importa.

Nella classifica di quest’anno le individuerete entrambe, queste anime, ampiamente rappresentate con una coerenza che mi rincuora sebbene sia frutto di chissà quale strano scherzo del mio cervello: almeno so di non essere cambiato in una vita intera, ed è già qualcosa.

Troverete quindi parecchie sfumature di nero: il podio – avrei voluto tre dischi al primo posto a pari merito, ma non si fa, Manuel, non si fa, alla gente piacciono le classifiche, ci vuole un numero 1 - è notte fonda, mentre spingendosi oltre qualche spiraglio di luce c’è, almeno il minimo indispensabile per ravvivare la festa mesta che vi ho preparato.

E troverete i cantautori, non pochi, tutti interessanti. Ne esistono di varie specie.

Chi tende all’estremo come Jacopo Incani (Iosonouncane) o Giovanni Succi: qui abbiamo le derive off di Mario Alessandro Camellini.

Chi usa un linguaggio nuovo, ricco, colorito, accostato a musiche che non sono soltanto un accompagnamento, come ad esempio Emiliano Merlin (unorsominore.): nella Top20 è riecheggiato da uno splendido Marco Degli Esposti (La Notte Delle Streghe).

Chi predilige un registro intristito in minore come Emiliano Mazzoni, chi sceglie una strada più tradizionale come l’incalzante Nanco, il dispettoso Leonardo Veronesi o l’inarrivabile Pippo Pollina: qui abbiamo Alessio Alessandra e l’immarcescibile Francesco Di Bella, altrettanti alfieri dell’inscindibile connubio fra commedia e tragedia, due voci diversissime tra loro accomunate dalla rara dote di non gettare via nemmeno una sillaba o una nota di ciò che scrivono.

C’è anche altro, perché va bene il luogo del delitto, ma il mondo va avanti e bisogna coglierne i movimenti: ecco - uno appiccicato all’altro - Loreena McKennitt e i Colonnelli, angelo e demoni a braccetto; la follia lucidissima degli Universal Sex Arena e quella ragionata dei Porno Teo Kolossal; il paradiso perduto di James Vella e due giovani band – Before Sunset e I Pixel - che mi hanno riportato dove tutto ha avuto inizio, facendomi perfino versare qualche lacrimuccia, lo confesso.

Spero mi vorranno perdonare per l’esclusione sia Veronica Pompeo (il suo ep di soli sedici minuti è tra le cose più straordinariamente impressionanti ascoltate quest’anno, l’aspetto con curiosità ad un album vero e proprio) sia gli Aquaserge, band francese il cui disco dal vivo (di solito non li includo nella classifica, come i best of) , pubblicato lo scorso aprile ma rilanciato solo di recente, mi sta letteralmente mandando fuori di testa.

Al fin della licenza, in cima c’è il delitto perfetto, visto che questo è il tema: i Whispering Sons da Houthalen-Helchteren, Belgio. Sono in cinque, con una cantante che per tutta la durata del loro album di esordio mi ha fatto pensare ad una situazione da sogno: Nico che canta i Bauhaus.

E allora ho pensato: cosa mi può più interessare? Statemi benone, alla prossima.

Manuel


1. WHISPERING SONS - "Image"
Un'androgina musa balorda si specchia nelle acque torbide del trascorso altrui splendore, memore di Nico e di tutti i sotterranei del post-punk possibili ed inimmaginabili. In una nicchia di perdizione e decadenza, che inizia dalla copertina e finisce nei recessi dell'ultimo cul-de-sac che la memoria riesce a rievocare, Fenne Kuppens & soci infilano dieci schegge di lasciva introspezione squassate dal rimbombare catacombale di bassi incalzanti, ritmi a singhiozzo ed un salmodiare luciferino strappato ai più soffocanti anfratti dell'Ade. Smarrimento, alienazione, negatività. Sublime. Tutto qui.
(brano migliore: ''Stalemate'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

2. BLESSED CHILD OPERA - "Love songs/Complications"
Ventitre canzoni, un'ora e mezza di afflizione magistralmente dosata. E non un istante di noia. Quando si spegne l'ultima nota ne vorresti ancora, e avanti all'infinito. Un monolite di alt-qualcosa tra folk rivisitato, rock depresso e sortite in territori bui che raccolgono ballate dimesse da far languire il cuore. Pura perfezione, nemmeno fosse un esercizio di stile à la Stephen Merritt. Ma esercizio non è: rimane soltanto la magnificenza di un'opera così grande da inghiottire chi vi si consacri, con fede e devozione.
(brano migliore: ''I force myself'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

3. NUMB.ER - "Goodbye"
Tu chiedi chi erano i Joy Division, chiedilo a questo ragazzo di trent'anni di età, lui ti risponderà guardandosi le scarpe da sotto il ciuffo biondo. Mentre tutto intorno ombre lunghe scuotono l'ennesima semioscurità, fustigando la voglia di cambiamento, le contaminazioni, l'iperproduzione ad effetto, bla bla bla. Giù la testa, in alto i vostri cuori: torniamo lugubri per una quarantina di minuti, come ai bei tempi quando vestivamo di nero e stavamo così, gioiosamente rattristati, fissandoci le Dr Martens...
(brano migliore: ''State lines'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

4. WINTER DIES IN JUNE - "Penelope, Sebastian"
Come un'oasi, una pausa, una carezza, un cioccolatino: questo disco è lo scaldasonno in Alaska, l'acqua nel deserto, il capolavoro minore che mai ti aspetteresti. Un album dalla vocazione lontana e straniera nato in Emilia, ricamato come un pizzo al tombolo e capace di farti sentire altrove fra melodie meste ed un calore che solo l'abbraccio del tuo migliore amico potrebbe regalarti. Elegantissimo, morbido come il velluto, sincero fino in fondo.
(brano migliore: ''Sands'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

5. LOCUST FUDGE - "Oscillation"
Ectoplasmi da un passato mai davvero defunto né sepolto, Schneider & Krite resuscitano da morte apparente la creatura cui diedero vita oltre un quarto di secolo fa. Il ritorno della premiata ditta sortisce una sberla clamorosa, un compendio di indie (suvvia, passatemi il termine) vecchia maniera che distorce, velocizza, picchia, osa e riparte da capo con una veemenza da ragazzini. Qua dentro c'è tutto quello che serve: elettricità, sorprese, idee. Rigorosamente e felicemente disallineate.
(brano migliore: ''Light and grace'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

6. ALESSIO ALESSANDRA - "Animale sociale"
Sopra le righe eppure avvicinabile senza timor panico né disorientamento alcuno, l'avvocato piemontese (ne conoscete un altro?) dal cuore siculo spiega agli astanti come scrivere un disco da cantautore senza scadere nel ritrito o nel melenso. Gioca con tutto un campionario di trucchi ed arzigogoli che padroneggia da gran mestierante: affascina, interessa, attrae, ravviva, scuote. Invita all'ascolto, al riascolto, al sorriso divertito: si fa apprezzare per la pungente ironia, così godibile in canzoni che - semplicemente - lui sa come far funzionare.
(brano migliore: ''Signor Caronte'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

7. PORNO TEO KOLOSSAL - "Monrovia"
Detriti, spazzatura, sci-fi, perversione. Sfida sfacciata. Cervellotico, strisciante, insinuante. Una serpe in seno che vibra di continuo fra i clangori apocalittici di una messa nera. Rituale barbaro eppure ragionato, intellettuale, perfino elitario. Mortifero e cerebrale, non concede che pochi secondi di respiro prima di rischiacciarti la testa sotto la sabbia. Musica asfittica, agonizzante eppure coinvolgente, musica per immagini che non esistono ma che il tuo cervello creerà un istante prima di collassare.
(brano migliore: ''Monrovia'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

8. NERO KANE - "Love in a dying world"
Cupo, indolente, scarno. Triste e lamentoso nel suo crooning indefessamente uguale a sé stesso mentre intona litanie di smarrimento e solitudine. Ci riesce perchè non muta lo scenario, non cambia mai angolazione, ed è la sua forza. Dritto all'inferno dal principio alla fine, sia quel che sia. Il panorama è desolato e vuoto, il solo sfondo che si adatti alla perfezione a questo pugno di canzoni in minore ricche di una profonda bellezza. Una melodiosità fragile e scura, figlia di mille padri, ma rimasta sola a vagare in un deserto fra i tanti.
(brano migliore: ''Black crows'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

9. MARIO ALESSANDRO CAMELLINI - "Un pianeta su nove"
Stranito spoken-word o boutade teatrale che sia, quello di MAC è un espressionismo sfrontato, come si conviene a tutto ciò che è off. Parole ammassate come sardine in nasse, deliquio verboso intriso di malessere e di ogni sporcizia del vivere comune, musica straziata, lacerata, fatta a brandelli. Dolente, non bello, forte come una sberla a mano aperta o come l'odore pungente della decomposizione. Un mondo rovesciato che cade a pezzi, del quale resta da contemplare solo lo scheletro.
(brano migliore: ''Livore'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

10. LA NOTTE DELLE STREGHE - "Klondike"
Se ancora è possibile dare un senso contemporaneo ed una dimensione attuale all'appellativo di "cantautore", è grazie a gente come il qui presente Marco Degli Esposti. La parola fatta lama, o epitaffio, o cura per qualche male non sempre passeggero. Sposata ad una musicalità fervida e sostenuta, che non si limita ad accompagnare o sorreggere: indica una via, definisce un linguaggio, sferzante e pessimista. Sfiora il rock, elargisce bastonate, riporta tutto a casa con un ghigno amaro.
(brano migliore: ''Astronauta'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

11. VANESSA PETERS - "Foxhole prayers"
Il sogno americano in frantumi nella polvere per l'ennesima volta, raccontato in flash dolenti dal timbro fermo, squillante, sexy anche quando canta di sconfitte e malessere generale di questa piccola dea del songwrinting d'oltreoceano. Ha una voce di sirena tra Sheryl Crow e Lucinda Williams, è bionda, è bella, non è per nulla accomodante: fa male, di qualsiasi cosa stia raccontando, con quella sottile malinconia a ribadire che c'è ben poco da ridere.
(brano migliore: ''Carnival barker'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

12. FRANCESCO DI BELLA - "'O diavolo"
Poeta minore mai abbastanza lodato, cantore defilato di una contrita umoralità tutta virata a sud, l'esile bardo napoletano dipinge l'ennesimo acquerello sporcato della consueta melanconia. Lo fa - come sempre - con garbo ed un filo di voce, dispensando a piene mani una mestizia fragile e diafana che lo rappresenta e lo definisce. Ogni sorriso è timido e schivo, ogni lacrima è una promessa di redenzione, ogni parola non ha più peso dell'aria.
(brano migliore: ''Il giardino nascosto'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

13. A LILY - "Id-dar tal-missier"
Il verbo post-tutto di James Vella, declinato in sei bolle di sapone di fascinosa inconsistenza. Impalpabile ed evanescente, la sua è una musica per idee che lievita su sequenze ininterrotte di accordi sfuggenti, un mantra di inusitata delicatezza color pastello. Arduo da incasellare, si libra su una indomita dolcezza che lambisce l'estasi. O forse l'ipnosi: il passo è breve, imperdibile l'occasione di smarrirsi tra le nebbie colorate di un eden mai così irreale.
(brano migliore: ''Paint me with your blood again'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

14. MARTYR LUCIFER - "Gazing at the flocks"
Viaggio al termine della notte di un'anima umbratile, immersa nel fertile humus di una tenebra dal cuore tenero. Musica che è gotica per vocazione, ma impura e contaminata. Conserva una grazia infinita mentre scivola e va via tra litanie in minore ed un baritono ammorbidito, voce profonda dall'ennesima selva oscura.
(brano migliore: ''Benighted & begotten'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

15. GALAPAGHOST - "Pulse"
Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle larghissime: mantiene sempre meglio ciò che sempre bene promette, lo fa da un bel po' oramai. Se la canta e se la suona defilato, nascosto nella sua piccola sfera di cristallo, conservando un'eleganza sensuale ed una dirittura artistica da fare impressione. Non sbaglia mai, riesce perfino a stupire quando sconfina in territori limitrofi al suo orticello. Ha una voce profonda, scrive bene, imbraccia una chitarra, potrebbe arrivare ovunque, anche ad essere Kozelek o Bublè...
(brano migliore: ''Saudade (interstate death song)'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

16. BEFORE SUNSET - "Paura del futuro"
Quattro tizi che si divertono, pestano duro se è il caso, scrivono divinamente, si prendono sul serio quanto basta per sbatterti in faccia la voglia di fare che li possiede e li divora. Hanno un cantante che ne vale mille inutili/sopravvalutati in circolazione, uno che te le dice dritte sul muso con la disinvoltura del veterano. Macinano un po' di tutto, magari cercano una loro via a chissà cosa, ma hanno una personalità strabordante: meritano tutta la fiducia di questo mondo e una bella wild-card, come nel tennis o nel golf.
(brano migliore: ''Condizionale'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

17. I PIXEL - "Perfettamente inutile"
La meglio gioventù che non fu canta sé stessa e l'infinita vanità del tutto da un angolo ingrigito di provincia. E' quello che ti aspetti, detto come ti aspetti: ma lascia addosso qualcosa di spiacevole, la sconfitta senza rivincita, il gusto pieno della vita di qualcun altro. Amaro e triste, come il canto mezzo soffocato di Andrea Briselli quando ci ricorda - semmai lo volessimo dimenticare - che non impareremo mai che esiste un posto perfetto per noi, ma è a mille sogni da qui.
(brano migliore: ''I sogni degli altri'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

18. UNIVERSAL SEX ARENA - "Abdita"
La psychedelia al potere, come (quasi) sempre. Follia ben calibrata e nulla di lineare rendono superlativa l'arte allucinata e sfaccettata di questa band fluida ed inafferrabile. Se no i xe mati no li volemo? Sarà: invece, ad impressionare è l'astuta lucidità con la quale Nicola Stefanato & friends conducono - chissà poi dove - un pugno di canzoni ipnotiche, stravolte, indefinibili. Di recente hanno aperto all'Alcatraz di Milano per i Flaming Lips: basta la parola, e più non dimandare.
(brano migliore: ''Horizon of barking dogs'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

19. LOREENA McKENNITT - "Lost souls"
E' sempre un piacere, madame, regale e vittoriana come in un quadro del tempo che fu. Statuaria e signorile, si aggira nell'hortus conclusus della sua raffinata arte velata d'antico. Diffonde un alone di raccolta purezza ed un profumo di fiori secchi. Violoncello, arpa, pianoforte a parlare di una magia lontanissima, come fosse una bedtime story senza fine. Rarefatta e cristallina, in una landa di confine tra sogno e poesia.
(brano migliore: ''Lost Souls'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

20. COLONNELLI - "Come Dio comanda (canzoni di sangue ad alti ottani)"
Quei bravi ragazzi della provincia di Grosseto, ricordate? Ritorno in nero, se possibile ancora più aspro ed incattivito dell'esordio, che già faceva tremare i polsi. Nessuno sconto, nessun passo indietro, anzi: a violenza doppia risputano veleno in italico idioma senza perdere un'oncia di credibilità. Il rebus si complica, è notte fonda. Misteriosa ed incombente presenza nel novero dei peggiori disturbatori della quiete mentale in circolazione. Ammirate la mia opera, mortali, e disperate: amen.
(brano migliore: ''Amleto'')
(recensione su Music Map: ''qui'')