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news - rassegna stampa

06/03/2018   BOB DYLAN
  1988-2017. Dell’iceberg la punta: 30 anni di ''Never Ending Tour'' in 30 performance memorabili, di Samuele Conficoni - 4° puntata

Puntata 4 di 5

Premessa
Durante il suo Never Ending Tour, abbreviato anche con la sigla “NET”, iniziato il 7 giugno 1988 in California e tuttora in corso, Bob Dylan ha tenuto, a oggi, 2903 concerti. L’ultima data del 2017 è stata a New York il 25 novembre; la prima del 2018 sarà a Lisbona il 22 marzo. Dal 1988 a oggi, Dylan non si è mai preso un solo anno di pausa, tenendo una media di quasi 100 show all’anno. Per celebrare il trentesimo anniversario di questa infinita installazione musicale, Samuele Conficoni ha selezionato trenta esibizioni in ordine cronologico, una per ciascuna annata, in modo tale che ogni singolo anno sia così rappresentato all’interno della lista. La pretesa non è certamente quella di essere esaurienti (e chi mai potrebbe esserlo?), né quella di indicare la miglior performance di ogni anno – anche perché è impossibile farlo, e ciascuno avrebbe le proprie preferenze –, bensì di presentare al lettore una serie di concerti rappresentativi ciascuno del tale anno, della particolare fase creativa che Dylan stava attraversando e della sua evoluzione sui palcoscenici, con un occhio particolare ai passaggi di Bob in Italia.

#19: 15 luglio 2006 – Pistoia, Italia.
Qui entrano in gioco il cuore, i ricordi e le emozioni legati al primo concerto dylaniano della mia vita (ora sono a quota sei, in attesa dei cinque cui assisterò nel 2018). Al festival Pistoia Blues, in Piazza Duomo, Bob, vestito di bianco e con un cappello da cowboy, sfodera una performance straordinaria, sempre dietro alla sua tastiera elettrica suonata come organo (novità, questa, entrata proprio con il NET 2006). Allora, tredicenne, conoscevo la musica di Bob da un anno, e non nego che il concerto mi sorprese molto. In una pratica che avrei da subito abbracciato e apprezzato totalmente, i classici proposti in scaletta (l’inizio con “Maggie’s Farm”, suonata spesso quell’anno, poi “Times Are A-Changing”, una sublime “Positively 4th Street”, una “It’s Alright Ma” da brividi, una spettacolare “Just Like a Woman”) sono tutti riarrangiati e resi quasi irriconoscibili, in un lavoro picassiano di smembramento e ricomposizione della figura umana e della tela che mi colpì profondamente e cambiò senza dubbio la vita. Un’esperienza paradisiaca resa ancora più memorabile dal cantato spezzato, ruvido e aggressivo di Bob, che modula con leggerezza i brani più dolci e aggredisce con violenza quelli più duri. C’è un brano piuttosto raro in scaletta, “Down Along the Cove”, a cui il pubblico risponde molto positivamente. Bellissima anche “I Don’t Believe You”; “Summer Days” è il solito, sfrenato blues che rende omaggio a Chuck Berry e B.B. King, mentre i classici “Ballad”, “Watchtower” e “LARS” sono eseguiti magistralmente, con professionalità e sentimento. Un giorno di snodo nella vita di chi come me lì a Pistoia ha assistito per la prima volta nella sua vita a un’esibizione di Sua Bobbità.

#20: 19 settembre 2007 – Nashville, Tennessee.
Ad aprire questo concerto di Bob è Jack White degli White Stripes, da sempre fan del Nostro e che dal vivo, con il suo gruppo, ha spesso eseguito sue cover (si noti in particolare la sua interpretazione di “Isis”, davvero notevole, a inizio anni Duemila). Jack White prende parte anche al set di Bob, chiedendogli di poter suonare con lui niente meno che “Meet Me in the Morning”, blues severo e malinconico di Blood on the Tracks, che Bob mai aveva eseguito dal vivo prima e che mai avrebbe eseguito dopo quella sera. Dylan acconsente, ma a cantare sarà Jack. Bob suona la chitarra elettrica (ha ricominciato proprio quest’anno ad alternare a performance all’organo qualche numero chitarristico, strumento che non suonava dal 2004) e White canta a squarciagola, declamando con forza e rabbia le meravigliose strofe del brano. L’esibizione, al di là di questa rarità inaspettata e assoluta, è di alto livello dall’inizio alla fine. Bob suona la chitarra elettrica anche nei primi tre brani, “Rainy Day Women”, una “Don’t Think Twice” sempre magistrale e una “Watching the River Flow” divertentissima, per poi ritornare all’organo ed eseguire una “You’re a Big Girl Now” sensazionale, che da lamento cupo e cinico si trasforma (quasi) in una presa in giro strafottente della (ex) amata, con un’interpretazione vocale distaccata e volutamente fredda di Bob, che rende questa esecuzione una perla assoluta. Altri diamanti sono “Desolation Row”, “Things Have Changed”, “Most Likely You Go Your Way”, una “Nettie Moore” da lacrime e sangue, tratta dal recente e splendido Modern Times, e una “Masters of War” da pelle d’oca, la voce di Bob cattiva e logorata al punto giusto, che rende il pezzo sempre attuale e mai ripetitivo. Concludono il meraviglioso show il divertissment “Thunder on the Mountain”, molto amata da Bob, e la solita “Blowing”.

#21: 8 luglio 2008 – Jerez, Spagna
A Jerez, in Spagna, Bob snocciola una delle migliori performance del NET 2008 e mescola brani lenti e riflessivi a blues energici e devastanti. Il concerto inizia con la scatenata “Leopard” e continua con una “If You See Her, Say Hello” come al solito bellissima: il testo negli anni recenti è stato ulteriormente cambiato, e dal 2003 ha una nuova stesura fissa: lei è (forse) sempre a Tangeri, ma lui ha trovato qualcuna al suo posto perché non ama stare da solo, lui non è più sensibile né sta diventando dolce, lei ha (curiosamente) gli occhi azzurri, i capelli azzurri e la pelle (a volte la voce) dolce e leggera, e soprattutto, nel finale, Dylan non ammette più la possibilità di rivederla (forse ci sarò o forse no). Dopo questa bellissima esecuzione c’è un altro blues portentoso, “Rollin’ and Thumblin’”, seguito da una sempre splendida “Tangled”. Il vero highlight della serata è però “Mississippi”, che quando viene eseguita (di rado) è sempre speciale: il fraseggio di Bob è da brividi, il ritmo sempre più spezzato, ogni verso quasi recitato, e la voce di Dylan, ormai roca all’estremo, ha l’aria di quella di un profeta giunto da un’altra epoca. “John Brown” e soprattutto una cullata “Girl from the North Country” splendono, come anche l’altro classico ‘60s, “It’s Alright, Ma”, e la meravigliosa “Nettie Moore”, uno dei diamanti più brillanti di Modern Times, la cui esecuzione dal vivo supera quasi la versione studio. “Summer Days” è un divertimento corale su cui Bob e la band improvvisano riff e jam, mentre “Masters of War” colpisce per la sua severità. La conclusione spetta alla danza infernale di “Thunder” e alla maestosa “LARS”.

#22: 4 aprile 2009 – Monaco, Germania.
Il 4 aprile 2009 a Monaco Bob regala alcune perle al proprio pubblico. L’inizio dello show è affidato a “Maggie’s Farm”, eseguita sempre di meno col passare degli anni, che sfodera sempre una certa energia e una certa rabbia in Bob e nel gruppo. Il secondo brano è la sorpresa della serata: “One More Cup of Coffee” è una rarità assoluta, a oggi mai più eseguita dopo quella sera, che caratterizzava la Rolling Thunder Revue del 1975 e che negli anni a venire è stata proposta pochissimo in concerto. La versione che ne dà stasera Bob è sommessa, poetica, quasi una rivisitazione generale degli anni in cui venne composta. Segue un’altra rarità, la Basement Tapes “You Ain’t Going Nowhere”, seguita a sua volta da una performance solidissima della Golden Globe & Oscar “Things Have Changed”. “Just Like a Woman” è sempre il momento pop della scaletta in questi anni, ma a colpire come pugni nello stomaco sono la seducente e spietata “Sugar Baby” (che esecuzione!) e le trancianti “Hattie Carroll” e “Hollis Brown”, durissime, terribili, entrambe tratte dall’album Times They Are A-Changin’ del 1964. “Workingman’s Blues” è un altro episodio dolcissimo, strepitoso sia su disco che dal vivo. La chiusa spetta a “Watchtower”, “Spirit on the Water” (brano meraviglioso ma eseguito con così tanta frequenza da Bob da risultare quasi noioso alle orecchie dei suoi fan…) e “Blowing”, che lentamente ritorna a essere un punto fisso dei live, suonata sempre con rapimento, serietà e dedizione.

#23: 18 giugno 2010 – Parma, Italia.
Il mio secondo concerto di Bob – al Parco Ducale di Parma, in un’atmosfera raccolta e magica – inizia con un ricordo curioso ed estremamente piacevole: intorno alle 19:30, non appena varcato il cancello d’ingresso, mi imbatto in Dario Fo, elegantissimo, con un abito chiaro e un cappello bianco a tesa larga. Anche lui, insieme ad altri vip più o meno importanti – tra cui Cesare Cremonini –, è pronto ad assistere allo show di Bob. L’aria serale è fresca e la luna illumina romanticamente la bellissima venue. Bob inizia con “Rainy Day Women”, a cui fa seguire una splendida “It Ain’t Me” alla chitarra elettrica, leggiadra e quasi strafottente. Ma la vera perla è “Stuck Inside of Mobile”, con Bob sempre alla chitarra elettrica e con la band (ora sei elementi, Bob incluso) attentissima a non distrarsi neanche un secondo e ad accentuare ogni verso che Dylan canta. “Just Like a Woman” è dolcissima: Bob lascia cantare parte del refrain al pubblico e già questa è una notizia, a dimostrazione di come il Nostro sia di buon umore e stia vivendo, già da molti anni ormai, una seconda giovinezza. “Cold Irons Bound” e “Love Sick” sono gli highlight della serata: cupe, aggressive, che non emanano alcuna speranza, lasciano lo spettatore in un limbo di dubbi e paure. A sorpresa Bob suona la dolce e leggera “I Feel a Change Comin’ On”, pubblicata su Together Through Life l’anno precedente, che brilla ed emoziona specialmente nei versi “I’m listening to Billy Joe Shaver / and I’m reading James Joyce / some people they tell me / I got the blood of the land in my voice”, dove Bob si pone, non senza una leggera ironia, come voce del suo Paese, l’America, attingendo sia da cantanti folk e country come Shaver sia da letterati alti come Joyce. “Spirit on the Water” e “Thunder” conducono la serata verso la fine: a chiudere è il meraviglioso trittico “Ballad”, “LARS” e “Watchtower”, quest’ultima con Bob alla chitarra elettrica. Rientro a casa ancora in trance per questo mio secondo concerto dylaniano emozionante e vibrante.

#24: 12 giugno 2011 – Milano, Italia.
C’è un po’ di Italia, come detto, in questa lista, perché ci va di raccontare anche di Bob e del suo rapporto con il nostro paese. A questo concerto non potei andare ma, dal resoconto di un caro amico che era lì, dalla registrazione bootleg circolante e dai video reperibili online, è evidente che si tratti di uno dei migliori concerti di quel periodo, superiore alla tournée europea con Mark Knopfler dello stesso autunno (io andai al concerto di Roma del 12 novembre, di ottimo livello anche quello). Il concerto milanese dell’Alcatraz è semplicemente sensazionale. Troviamo un Bob in stato di grazia e in una sorta di trance: estrae dal cappello alcune rarità assolute (“When I Paint My Masterpiece” alla chitarra, strumento suonato di rado in questi anni, “Til I Fell in Love with You” e soprattutto “Visions of Johanna”) e sembra energico e arrabbiato: si veda, ad esempio, il video che di tanto in tanto ricompare su YouTube con l’esecuzione di “Can’t Wait”, dove Bob cammina su e giù per il palco indemoniato. Gli encore non regalano sorprese ma sono suonati meravigliosamente, con durezza “Watchtower” e con dolcezza “Blowing”, sigillando magnificamente la serata. In definitiva quello dell’Alcatraz è uno degli highlight dell’anno e in generale del periodo 2010-2012. Bob sarebbe tornato in Italia, come detto, in autunno, con Mark Knopfler come atto d’apertura, e avrebbe toccato Padova, Firenze, Roma e Assago. Personalmente, conservo ricordi bellissimi del concerto romano a cui andai, e in particolare di “Hattie Carroll” e di “Desolation Row”.