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20/11/2024
04/12/2015 STONE TEMPLE PILOTS
Muore improvvisamente il cantante Scott Weiland, aveva solo 48 anni
L’hanno trovato sul suo tourbus, poco prima di salire sull’ennesimo palco, dove ormai, in verità, non aveva più voglia di andare: è morto sulla strada, così a 48 anni, Scott Weiland, uno dei massimi eroi della stagione del grunge con gli Stone Temple Pilots e, come alcuni di costoro, da Kurt Cobain in giù, eroe decisamente tormentato. Perché devastato dall’eroina che lo costrinse, a partire dalla metà degli anni’90, a lasciare a più riprese la band, l’unica californiana in mezzo al mare di Seattle. A Medina, nel Minnesota, non era in corso l’ennesimo tentativo di ripartenza con gli Stone Temple Pilots, ma Weiland vi era andato con i Wildabouts, di fatto ultima sua esperienza solista, confessando però, in una recentissima intervista di andare in tour «soltanto perché è l’unico modo di guadagnare qualcosa, ora che non si vendono più i dischi». Una band già segnata dalla morte per un cocktail di droghe del chitarrista Jeremy Brown. E con cui Scott doveva accontentarsi di suonare in club minori, lontanissimi dai fasti di un tempo. Non era infatti più la sua stagione felice, quando Scott, voce riconoscibilissima, venne con gli Stone Temple Pilots giù da San Diego a insidiare il primato delle band pionieristiche di Seattle, i Nirvana, i Pearl Jam o gli Alice in Chains dell’altro maudit Layne Staley. Vendendo otto milioni di dischi prima con ''Core'' nel 1992, l’album che li lanciò, e poi con ''Purple'', che li consacrò, immediatamente al primo posto in classifica nel giugno 1994, Kurt Cobain morto da poco tempo, divorato dai suoi incubi. Che inizieranno a tormentare, da subito, pure Weiland. L’eroina gli procura guai con la giustizia, arrestato una prima volta nel 1995. E con la band, poco disposta a sopportare le sue mattane. Lui proverà poi a ripartire con la nuova creatura di Slash dei Guns’n’Roses, i Velvet Revolver, ma anche quell’esperienza terminerà per «il suo atteggiamento autodistruttivo», come rivelerà lo stesso chitarrista. La massima umiliazione arriva quando gli Stone Temple Pilots si riuniscono, lo chiamano, resistono per quattro anni, ma alla fine gli preferiscono un altro, Chester Bennington dei Linkin Park, per le stesse identiche ragioni. «Non mi sembra giusto» urla Scott, prima di intentare una causa contro gli ex compagni (poi persa). E rifugiarsi nella sua ultima creatura, per trovare la morte davanti a un club di periferia. (Corriere.it)