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21/11/2024
03/08/2015 FRANCESCO DE GREGORI
Registrato in segreto nelle pause della tournée, esce a ottobre l'album 'Amore e furto', 11 canzoni di Bob Dylan da lui tradotte ed interpretate
Inevitabile che succedesse. Come è inevitabile lo facessero Joan Baez e Judy Collins, Johnny Cash e Nina Simone, Sam Cooke e Jimi Hendrix. ''De Gregori canta Bob Dylan - Amore e furto'', che esce a fine ottobre, è stato concertato in gran segreto, undici canzoni tradotte in italiano con amore, brani insoliti e bellissimi come ''Not dark yet (Non è buio ancora)'' e ''Subterranean homesick blues (Acido seminterrato)'' incisi nei momenti di pausa del ''Vivavoce Tour'' e la preparazione dell'evento all'Arena di Verona il 22 settembre per celebrare i quarant'anni di ''Rimmel''. "''Amore e furto'', proprio come il titolo di un suo album, ''Love and theft'', denso di citazioni esplicite alle musiche che amava. Il mio amore per Dylan è sempre stato dichiarato. Confessai in tempi non sospetti che ''Buonanotte fiorellino'' fu ispirata da ''Winterlude''. E qui ribadisco con fierezza non la mia sudditanza, ma la mia provenienza da Dylan", spiega Francesco De Gregori in un perfect day di relax nella casa romana piena di bellezza, sotto lo sguardo benedicente di Marina Abramovic che dalla magnifica gigantografia sulla parete inonda il salotto di vibrazioni positive. Quando è iniziato il suo amore per Dylan? "Quando ho incominciato a scrivere canzoni e il mio faro era De André, intorno ai venticinque anni. Scriveva testi straordinari: politici ma con una personale visione del mondo. Creatività e eversione musicale, talento e libertà artistica: non avrei potuto schivarlo". Covava da molto tempo l'idea di un disco di cover dylaniane? "Ho sempre fatto traduzioni di brani di Dylan attraverso gli anni. L'idea del disco però è recente, risale all'anno scorso. Ho scelto di non indugiare nel repertorio dei "dylaniati", quelli che detestano la sua produzione recente, che a me invece incuriosisce molto". Ci ha messo del suo, le ha stravolte? "Tutt'altro, mi sono posto il problema degli arrangiamenti con umiltà". Facile che si creino dei malintesi quando si tratta di uno come Dylan e di uno che da sempre è considerato il Dylan italiano. "Inevitabile che qualcuno pensi: De Gregori, che scrive testi astrusi, con Dylan va a nozze. Ma non è questo il punto. Non ho mai affrontato Dylan filologicamente, mai letto i mille volumi scritti su di lui. Adoro il suo modo di suonare, che ha spezzato certe ortodossie ritmiche e melodiche, come gli impressionisti in pittura demolirono la prospettiva. E continua a farlo, con un meraviglioso approccio istintivo, seguendo le linee guida del blues". Lo ha detto e ripetuto: ogni volta che ci si allontana dal blues si deraglia e si è costretti al dietrofront. "Se lo fai metti un silenziatore all'istinto, all'improvvisazione, ti dai delle regole. La spinta emotiva nei suoi concerti è sempre fortissima proprio perché hai l'impressione che stia suonando per te, che sei al centro di una serata speciale". Dunque ha scelto le undici canzoni sull'onda delle emozioni. "Non solo, non potevo prescindere dalla cantabilità del testo italiano. È un mondo misterioso quello della traduzione. Prenda ''Just like a woman'': non puoi tradurlo. Letteralmente diventa ''Come una donna'', suona uguale, eppure è ridicolo. L'importante è che il tutto, cantato, non diventi grottesco". Le scelte di Dylan, tra abiure e conversioni, sono spesso state spiazzanti. "Non gli frega di tradire le aspettative del pubblico. Non si è mai fatto imprigionare negli schemi dell'industria, nell'ortodossia del rock o del pop. Non esitò un attimo a elettrizzare il suono, ben sapendo che le reazioni dei puristi del folk sarebbero state violente. Oggi è più spiazzante di allora: il disco con gli standard americani ha scardinato la prospettiva dei classici di Sinatra e Billie Holiday; è il Courbet della musica". Anche lei ebbe il suo bel momento di contestazione, processato dall'estrema sinistra al Palalido, 2 aprile 1976 "perché specula e si arricchisce con le canzoni". "Nel caso di Dylan le motivazioni politiche erano sottintese e non espresse, nel mio caso furono decisamente esplicite. Non ho mai capito fino in fondo il senso di quella serata, c'era un certo livore nei confronti delle canzoni di ''Rimmel'', ''Buonanotte fiorellino'', soprattutto, indignò tutta l'ala militante. Dissero: De Gregori ha tradito ''Pablo''. In realtà le motivazioni erano molto più pratiche, avevo rifiutato il servizio d'ordine di Re Nudo optando per quello del Piccolo Teatro di Milano; all'ultrasinistra non andò giù l'idea che non avessi una mediazione politica". Quando un artista diventa portavoce di una generazione le responsabilità diventano opprimenti. "All'inizio era proprio così: noi cantautori eravamo investiti di una autorevolezza quasi sacra, e qualche volta ce ne siamo compiaciuti. Gli artisti hanno sempre un ruolo di formazione nei confronti del pubblico, offrono un punto di vista, che sia ''Buonanotte fiorellino'' o ''Per i morti di Reggio Emilia''. L'importante è che questo ruolo non diventi ipertrofico, che l'artista non si culli nell'autocompiacimento dimenticando la sua missione". Cosa invidia a Dylan? "L'idea del ''Neverending tour'' è sublime, non so dove trovi la resistenza, ha dieci anni più di me. Io dopo quaranta date sono a terra". (Repubblica.it)