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21/11/2024
16/02/2015 SANREMO 2015 - IL NOSTRO COMMENTO (SEMISERIO)
Il Festival secondo 'Sua Acidità' Enrico Faggiano
Alex Britti – Un attimo importante – Sempre quella sua aria di quello che è figo, è bravo, che potrebbe schitarrare da vero artista e che invece si
concede alle masse perché è altruista. Non hai mai trovato una sua strada, quando all’inizio sapeva, volenti o nolenti, unire le piacionerie all’allegria. Ma poi, vanno tutti a Sanremo a mettere in luce il loro lato
buono, e non capiscono che così scadono nel banale, banalissimo.
Anna Tatangelo – Libera – Un po’ di silicone, il bancomat del suo mecenate, un po’ di gossip, ed ecco come si riesca a creare una carriera dal nulla. A parte le bocce e i titoli su Novella 2000, qui c’è mai stato materiale per capire cosa aspettarsi, da un personaggio che non ha una propria personalità e nemmeno un suo stile, se non ammiccare alla telecamera e puntare ai divani di Barbara D’Urso?
Annalisa – Una finestra tra le stelle – Eccole qua, queste figlie dei reality che sbucano fuori biennalmente e, sarà la vecchiaia, ma proprio si
fatica a distinguere l’una dall’altra. Testi carini e romantici, blanderie da diario adolescenziale, ugole a palla, ma se lei e Chiara, o Noemi, o Maria, o Pina, si scambiassero le canzoni, nessuno se ne accorgerebbe. O no?
Bianca Atzei – Il solo al mondo – Altra creatura dei Modà, che con i testi iperbolici ma ripetitivi di tal Kekko hanno appiattito il Festival in modo imbarazzante, facendo rimpiangere i Franco Fasano e i Marco Armani
dell’epoca. Priva di qualsiasi capacità personale, a parte una discreta dote di pelle messa in mostra. Ma questa, anni fa, avrebbe dovuto fare le prequalifiche, l’Intertoto, anche solo per entrare tra le nuove proposte.
Quindi, perché è qua, quando youporn risponde già a determinate esigenze?
Biggio e Mandelli – Vita d’inferno – Viste le premesse poteva davvero andare peggio, ma non si capisce il senso di questa operazione, a metà tra Cochi e
Renato ed Elio, senza alcuna velleità musicale. Perché questo, che è solo ed esclusivamente uno sketch comico, è finito in gara e, per esempio, il rap dei defunti di Luca e Paolo no? Cosa distingue una canzone da una gag?
Chiara – Straordinario - Eccole qua, queste figlie dei reality che sbucano
fuori biennalmente e, sarà la vecchiaia, ma proprio si fatica a distinguere
l’una dall’altra. Testi carini e romantici, blanderie da diario
adolescenziale, ugole a palla, ma se lei e Annalisa, o Noemi, o Maria, o
Pina, si scambiassero le canzoni, nessuno se ne accorgerebbe. O no?
Dear Jack – Il mondo esplode tranne noi – I Modà parevano i cloni loffi dei
Negramaro. Questi sono i cloni loffi dei Modà. Prima o poi si terminerà di
scavare, in questa gara a rifare cose da altri rifatti. Ok, nessuno vuole
scambiare Sanremo per i laboratori dei Beatles o dei Kraftwerk, ma i
“ragazzi di oggi” non hanno altro da dire?
Gianluca Grignani – Sogni infranti – La verità è che lui si sarebbe dovuto
schiantare in macchina dopo “La fabbrica di plastica”, prima di diventare un
piacione a metà tra l’essere il classico
figliodibuonadonnaspostatomacongliocchidolcidolci e la più clamorosa delle
occasioni mancate. Poca voce, l’impressione di recitare una parte, per il
peggiore, forse, dei reduci dei ’90 ripescati da Carlo Conti.
Grazia di Michele e Platinette – Io sono una finestra – Il problema nasce
nella fin troppa teatralità di un progetto a tavolino, che vuole dire un
sacco di cose e che poi è a Sanremo. E che, quindi, deve dirle in modo
nazionalpopolare, comprensibili a tutti e retoriche. Per far capire, il
Tenente di Faletti ti piantava davanti alla televisione, qui hai
l’impressione di sapere già quello che stanno per dirti. In soldoni, non se
ne sentiva il bisogno, e alla comunita gay è molto più utile la declinazione
al maschile di “Senza scappare mai più” di Tiziano Ferro che non questa
roba.
Il Volo – Grande amore – Di quegli ibridi che piacciono tanto in America,
dove peraltro mangiano i tortellini in scatola quindi non è che la cosa
faccia curriculum. La canzone italosanremese per eccellenza, quasi uscita
dagli anfratti baudeschi dei Safina e Mazzocchetti. Però questi sono
sponsorizzati, pompati, ma sembrano più roba da Eurofestival che non da
musica pop normale. E alla fine vincono, perché a Sanremo le cose teatrali
piacciono tanto (oh, ha vinto anche Giò di Tonno!), e perché un po’ di voce
fa sempre scena. Claudio Villa, da lassù, pensa “ero più moderno io”.
Irene Grandi – Un vento senza nome – Canzone che andrà risentita senza il
peso dell’orchestra che la rallenta ancora più di quanto non sia in origine,
come una specie di marcia funebre che non ha direzione chiara e tranquilla.
Fin troppo intensa per l’ascolto superficiale sanremese, quasi a voler
inseguire antiche eroine della materia (Mia Martini?) a cui, forse, la cosa
riusciva meglio.
Lara Fabian – Voce – Non è che a Sanremo gli “stranieri” in gara siano mai
stati merce di gran qualità. Questa sbuca fuori con buone referenze da
Francia e Belgio, una collaborazione con Gigi D’Alessio, e una canzone che è
la summa di tutte le retoriche sulle canzoni di Sanremo: tante velleità
vocali, testi banalmente poetici e niente che ne giustifichi la presenza.
Per intenderci, poteva essere sostituita da una Fiordaliso qualsiasi.
Lorenzo Fragola – Siamo uguali – Dato che tutti i prodotti dei talent sono
femmine o quasi, e gli uomini sono già spariti (Scanu? Carta? Carone?),
sembra quasi un alieno. Ok, poi lo si sente, e capiamo che ci siamo
sbagliati. Almeno ci mette un po’ di ritmica, la canzone non è di quelle che
alla radio cambi subito. Ma c’è un tasso di biodegradabilità che non è poco,
anzi.
Malika Ayane – Adesso è qui – Vanoneggia un po’ meno del solito, nella sua
classica canzone sanremese per eccellenza: braccia allungate verso la
platea, occhi chiusi, e postura che sarebbe sembrata ancestrale perfino a
Nilla Pizzi. Alla fine ti diventa anche familiare, e un po’ meglio delle
altre che sono senza cognome e, forse, senza personalità. Basta per rompere
il muro della normalità?
Marco Masini – Che giorno è – Attenzione, Masini è diventato normale, e se
non ci fosse dietro quell’atroce ricordo di tossici, fanculi e stronze
magari lo si potrebbe giudicare anche in altro modo. Questa non è un
capolavoro, ma è soprattutto una canzone onesta, che inizia e finisce senza
cercare altro che occupare 4’ senza altre velleità. Roba non scontata da
Masini, che quindi avendoci abituati ad oscenità ora fa bella figura con
poco. Banalmente elegante, elegantemente banale, ma un suo posto nel mondo
ce l’ha.
Moreno – Oggi ti parlo così – Curiosi, questi rappers che prima fanno gli
alternativi, poi vanno a Sanremo a dire che in fin dei conti sono dei
romanticoni, che la loro mamma è tanto felice, e che sono a loro agio come
calciatori ad un esame di ingegneria meccanica. Dai, le radio ti faranno
felice, saranno tutti contenti, tu torna pure a fare il figo altrove. Tanto
va bene tutto, o no?
Nek – Fatti avanti amore – Oddio, cosa salta fuori da qua? La riscoperta di
un soggetto che, al di là delle ancestrali mani cucciole, una sua via
l’aveva trovata, senza infamia e senza lode, ma con discreta radiofonicità e
qualità. Poteva arrivare con la solita brodaglia sanremese, capisce che per
mettersi in luce si devono alzare i bpm, missione compiuta. Merita di essere
riascoltato, specie ora che, ormai, in giro ci sono solo giovani zombi
televisivi.
Nesli – Buona fortuna amore – Poco avvezzi alle battaglie tra gang rap come
avviene negli Usa, è normale chiedersi chi cavolo sia, prima che vengano a
spiegare che si tratta del fratello di quell’altro, che si odiano, ma che
lui ora fa il confidenziale. Un bel “mah” sulla fiducia, ben consci del
fatto che tanto sono prodotti talmente raffazzonati che verranno dimenticati
già tra una settimana.
Nina Zilli – Sola – Meglio di tutte quelle altre senza cognome che ammorbano
il Festival con canzoni e progetti assolutamente indistinguibili l’uno
dall’altro, ma si continua a dar l’impressione di volere a tutti i costi
cercare l’altrui imitazione piuttosto che un proprio stile. Per essere
chiari: le Oxe, le Bertè, le Mannoie eccetera, erano loro stesse, e non dei
copia e incolla di altri. Ciuffa anche il titolo a Viola Valentino, per
intenderci… Un po’ Amy Winehouse, un po’ Nina Simone, un po’ Mina. Ma Nina
Zilli, sempre e comunque trombabile, chi è in realtà?
Raf – Come una favola – Riapparizione dopo un ventennio che avrebbe meritato
maggiori fortune, al di là dei guai di bronchite che lo hanno cassato.
Canzone di Raf se ce n’è una, anche se lui, all’epoca, sapeva uscire dalla
massa con le sue ritmiche non del tutto scontate, nel panorama italico del
tempo. Per intenderci, ci si ricorda più di “Ti pretendo” che di
“Inevitabile follia”, e allora perché tornare con qualcosa a rischio di
confusione con altre nenie? Forse chiede di essere eliminato per evitare
ulteriori tachipirine, ma non meritava, altroche.
Giovani – Ormai categoria priva di talenti, dove ci deve essere sempre il
finto rocchettaro incazzato, la sciantosa, il conservatore, il gruppo fuori
posto, come a riempire caselle già definite. Vince un figlio artistico di
Battiato e Caterina Caselli: vedremo.